Marvel’s “Hearts of Darkness”, una riflessione sul tema dell’antieroe

I gusti musicali prediletti da queste parti non sono mai stati un mistero, e per leggere questo articolo non posso che raccomandarvi una bella playlist rigorosamente Heavy Metal, perché questa storia ci porterà tutti nell’essenza della cultura pop degli anni ’90, un decennio per il quale stravedo in modo ossessivo dal punto di vista dell’arte e dell’intrattenimento, quando la musica, il cinema, i videogiochi e i fumetti erano dominati dal gusto per l’oscurità e la violenza, che trovano un abbozzo di formulazione filosofica nell’opera di cui vi parlerò. È uno speciale della Marvel intitolato “Ghost Rider, Wolverine, Punisher: Hearts of Darkness”, scritto da Howard Mackie e disegnato da John Romita Jr, che uscì negli Stati Uniti nel dicembre del 1991 e compie 30 anni in questo periodo.
Se vi interessa leggerlo, il fumetto giunse in Italia l’anno dopo, nel settembre 1992, sul numero 36 della rivista “All American Comics”, edita da Comic Art, che forse trovereste con difficoltà in qualche rivenditore d’usato; ma, fortunatamente, nel 2018 ne è uscita una riedizione in un volume di gran formato della collana “I grandi tesori Marvel”, intitolato “Wolverine, Punisher, Ghost Rider – Cuori di Tenebra”, dove oltre alla storia trovate il suo seguito, “Dark Design”.

Perché quest’opera dovrebbe interessarci?
In primo luogo, perché è un fumetto di Ghost Rider, che è il mio personaggio preferito e di cui mi sento intitolato a parlare quando e come voglio.
Secondariamente, ma in conseguenza di questo grande amore, oltre ad avere incontrato il centauro infernale in altri articoli in passato, ho affrontato una riflessione di più ampio respiro sulla tipologia dell’antieroe fumettistico in un articolo di qualche anno fa. Questa storia può ben ampliare il discorso perché in essa è proprio la consapevolezza della particolarità di questo tipo di personaggi a fare da fulcro alla trama, e se anche a voi piace assistere a quelle scene in cui l’eroe, anziché perdonare il cattivo, lo polverizza brutalmente, potrebbe interessarvi rifletterci su insieme al nostro trio di amici.

Cerchiamo di capire meglio di cosa stiamo parlando. Negli anni ’90, e parlando solo di casa Marvel, i tre personaggi che trovate qui erano praticamente quelli che vendevano di più, almeno in America. Il Punitore, Frank Castle, il marine che reagisce all’uccisione della propria famiglia ingaggiando una guerra senza fine contro tutti i criminali che incontra, aveva conosciuto un picco nel decennio precedente, culminato in un film nel 1989, e godeva addirittura di due serie regolari su di lui. Wolverine, il mutante canadese con scheletro di adamantio e artigli retrattili, era semplicemente il più popolare degli X-Men, che erano estremamente di tendenza. E Ghost Rider, il motociclista con il teschio fiammeggiante, dopo essere sparito dai riflettori nel 1983, quando la sua serie era terminata con un lieto fine, era riapparso nel 1990 con il lancio di una nuova serie, dove il suo aspetto era stato ripensato per sposarsi con l’estetica del periodo, vestendolo in jeans e chiodo di pelle e ricoprendolo fino ai denti di borchie appuntite e pesanti catene, e la sua identità segreta era diventata quella dell’adolescente Daniel Ketch; il risultato era stato un boom di vendite inatteso, e per alcuni anni la serie Ghost Rider fu tra le più vendute della Marvel Comics.
L’annuncio di un numero speciale, una semplice one-shot, con questi tre personaggi come protagonisti, apparve pertanto come una manovra prima di tutto commerciale, finalizzata a sfruttare il successo di questi tre personaggi. E funzionò, dato che il fumetto vendette parecchio.
Ma la cosa speciale della storia è che, anziché cercare un fantomatico pretesto che faccia unire questi tre personaggi, Hearts of Darkness li tiene insieme proprio attraverso l’ovvia constatazione della loro somiglianza. Perché Punisher, Wolverine e Ghost Rider piacevano così tanto, e piacciono ancora a chi continua a seguirli, perché tutti e tre sono antieroi: personaggi animati da un fine buono, desiderosi di proteggere gli innocenti e mantenere la pace, ma che, per un motivo o per un altro, non conoscono alternativa all’uso della violenza per raggiungere tale scopo, il che li porta a tendere pericolosamente a somigliare a quelli contro cui combattono.
Il Punitore è un serial killer: la sua missione non lascia spazio alle sottigliezze, chi ha sbagliato, ovvero, chiunque abbia ucciso qualcuno, deve morire. Nessun margine di interpretazione.
Wolverine ha le capacità di un predatore e lo stesso ferale istinto. Un vissuto difficile e doloroso l’ha riempito di odio, e la sola soluzione che conosce e affondare gli artigli in tutto quello che minacci di fare del male ai deboli o a chi gli è caro.
Ghost Rider è letteralmente l’incarnazione del concetto di punizione divina: se una persona ha commesso un torto verso un’altra persona, è una necessità universale che venga punita. Mentre Ghost Rider, in questa incarnazione, rifiuta di uccidere gli esseri umani, ma non lesina di farlo quando i suoi avversari sono demoni o mostri, ha un potere altamente specifico, lo Sguardo di Penitenza, che serve a fare in modo che la sua vittima sperimenti da sola tutto il dolore che ha inflitto nella sua vita.

“Cuori di Tenebra” è, soprattutto, una storia di Ghost Rider. L’autore, Howard Mackie, è sia il creatore dell’incarnazione Heavy Metal dello Spirito della Vendetta, di cui ha scritto le storie per buona parte degli anni 90, sia la persona che ha tenuto le redini dell’universo di personaggi orrorifici che gli girava intorno, i cosiddetti Figli della Mezzanotte, curando anche altre testate attinenti. Nella storia, viene fatto riferimento ad alcuni oggetti e avvenimenti spefcifici della continuity di Ghost Rider, e alla fine si risolve in una svolta importante per il motociclista infernale, mentre per il Punitore e per Wolverine può dirsi poco più che un normale fine-settimana.

La trama di “Cuori di Tenebra” vede così i tre protagonisti Daniel Ketch, Logan e Frank Castle raggiungere una sperduta località americana chiamata Christ’s Crown, dove stati convocati da lettere anonime che menzionavano qualcosa che li avrebbe attratti: a Daniel è stata offerta la possibilità di conoscere qualcosa di più sul Cristallo dell’Anima, l’oggetto in cui era contenuto allora Zarathos, il demone che possedeva il primo Ghost Rider, a Logan risposte sull’esperimento che lo ha trasformato in quello che è, e a Frank delle informazioni su uno dei responsabili della morte della sua famiglia.
Vengono accolti in una pensione mantenuta da una donna di nome Flo Crumm, e si affezionano a sua figlia, Lucy, una bambina innocente che vede in loro il bene, cosa che suscita una certa ironia nel lettore, ben conscio della violenza di cui sono capaci, e anche l’interrogativo di Daniel Ketch: «Penserebbe lo stesso, se sapesse che sono Ghost Rider?»
A sembrare buono è il tutto, o solo un lato? Durante questo breve monologo interiore, Daniel parla per primo della fantomatica “soglia”, alla quale Ghost Rider va spesso così vicino che viene da chiedersi se sia davvero un buono.

In realtà, la ragione della loro venuta è il piano di Cuorenero, il figlio di Mephisto, un villain demoniaco della Marvel comparso per la prima volta in Daredevil 270, nel 1989, che alcuni potrebbero ricordare nel film Ghost Rider del 2007, di cui era il villain principale, interpretato da Wes Bentley. L’obiettivo di Cuorenero, o Bleackheart, è sempre stato quello di detronizzare il padre e diventare signore dell’inferno.
Cuorenero è semplicemente l’antagonista perfetto per questa storia, perché rappresenta quasi un inversione del topos: è un demone che cerca di ascendere ad angelo, un cattivo che ha come ultimo scopo il bene. Cuorenero crede che le convinzioni e lo scopo stesso dell’Inferno siano sbagliate, perché agire per paura della dannazione limita l’azione del libero arbitrio dell’uomo, e ritiene che, se fosse lui a governare il doloroso regno, lo renderebbe una dimensione più tollerabile. Tuttavia, per compiere il suo scopo intende ricorrere agli stessi sistemi dei tre antieroi, anzi, proprio a loro: dopo averli attirati a Christ’s Crown, vuole farne i suoi sicari per uccidere Mephisto e prenderne finalmente il posto. Stando alle sue parole, essi rappresentano una nuova generazione di combattenti, che si muovono fuori dal campo tradizionalmente distinto tra bene e male, in un’area grigia dove nessun altro si spinge, e lui intende irretirli, convincerli a compiere quel passo che manca per essere dei malvagi sanguinari e senza redenzione, fare loro attraversare “il confine” che separa l’eroe dal malvagio.
Ciliegina sulla torta, Cuorenero è pazzo, ed è consapevole di esserlo. La sua psiche alterna momenti in cui è consumato dagli istinti distruttivi che gli sono stati instillati da Mephisto a parentesi di lucidità in cui compiange sé stesso e la sua situazione. Lo si potrebbe definire un personaggio shakespeariano, un Amleto di zolfo.

Ben presto, dopo che tutti gli eroi hanno espresso privatamente i propri dubbi sul perché si trovino lì, a ciascuno appare Cuorenero, che mette in chiaro il suo scopo: vuole essere aiutato a uccidere Mephisto, e in cambio concederà loro ciò che ha promesso e molto altro. Tutti e tre i personaggi rifiutano.
Cuorenero, furioso -e incredulo: pensava che almeno uno avrebbe accettato- opta per un altro approccio: rapisce la piccola Lucy e attira a sé tutti gli abitanti di Christ’s Crown. La cittadina, infatti, è stata fondata molto tempo prima come sito di adorazione satanica, ed è proprio lì che i sacrifici umani ordinati da Mephisto hanno provocato la nascita di Cuorenero. La prima scena del fumetto, prologo che ho preferito descrivere in un secondo momento, mostra proprio come lo spinoso demone venga evocato dal sacrificio di una ragazza, e sia capace di privare un’intera folla di adoratori di carne, sangue e ogni altro tessuto, peraltro solo a causa di uno spasmo della sua follia. Dunque, tutti gli abitanti sono suoi adoratori, e, stando alle sue parole, l’unica realmente innocente è proprio la piccola Lucy.
Mentre Frank e Logan, saliti su un mezzo, inseguono il malvagio in fuga, Daniel si rende conto di non poter far nulla, perché Cuorenero gli ha rubato la moto, senza la quale non è capace di trasformarsi in Ghost rider, ma, ciononostante, si lancia dietro di lui per salvare Lucy. Proprio allora, il demone ferisce la bambina, il cui sangue innocente cola su di lui, creando così una svolta nella mitologia di questa serie, dov’era il medaglione incastonato nel cruscotto della moto, macchiandosi di sangue innocente, ad attivare la trasformazione: Howard Mackie con questa storia ha reso Daniel stesso la fonte del potere, preannunciando trame sviluppate in seguito, e in una spettacolare sequenza il simbolo del medaglione si accende sulla sua mano e Daniel si trasforma in Ghost rider, permeando di fuoco infernale una nuova moto. Dovete sapere che questa è la prima volta, nella storia editoriale del personaggio, in cui egli dà prova di questo potere, dato che nella prima serie esso consisteva piuttosto nel generare una moto interamente fatta di fuoco, mentre in questa seconda la moto è un oggetto magico indipendente, e fino a questa storia egli non aveva mai cavalcato altri veicoli.

Si ha così, finalmente, il confronto fra i tre guerrieri e il loro nemico. Blackheart prova a tentare un’ultima volta i suoi nemici con le promesse, ma sempre senza esito. Il demone viene attaccato dai proiettili, gli artigli e le catene dei suoi rivali, e mentre li rallenta con una fanghiglia verde composta di anime, fugge in un varco per l’inferno, con cui spera di sfuggire ai persecutori, ma senza riuscire a seminare Ghost Rider, che, non avendo il limite dell’umanità del suo avversario, lo massacra violentemente con i suoi pugni scheletrici avvolti dal fuoco.

Quando arrivano anche Wolverine e Punisher, mentre Blackheart, ormai abbandonato l’approccio della tentazione, lascia libero sfogo alla sua frustrazione, i tre personaggi danno voce alla loro idea sul grande tema della storia: per il Punitore, «Puoi prendere il tuo confine e mettertelo dove dico io! Non esiste nessun’area grigia! Se mai ho avuto un’anima, l’ho persa da tempo! Ora c’è solo ciò che è giusto, ciò che è sbagliato e…la punizione!»
Come lo parafrasa Wolverine, e qui sta la chiave di lettura di tutto, «Credo che il mio amico voglia dire che abbiamo tutti dei limiti personali. Potremmo avvicinarci a un confine… ma è un confine che scegliamo di non superare mai. Peccato che tu non abbia fatto la stessa scelta. Hai permesso a tuo padre di tirarei tuoi fili. Ti ha manipolato come una marionetta. Hai tentato, torturato, minacciato… sei diventato tuo padre! Benvenuto nel mondo reale, junior!»

Infine, mentre Wolverine e Punisher riportano Lucy indietro, Ghost Rider resta all’inferno per finire definitivamente Cuorenero, quando ecco apparire Mephisto in persona, che in quegli anni aveva un aspetto ben diverso da quello cui siamo abituati, e che aveva originariamente, più simile a una specie di lucertolone rosso e obeso. Il re degli inferi, rinviando il confronto decisivo con Ghost Rider, si congratula col figlio per il fatto che, con le sue azioni, che l’hanno condotto ad agire proprio come il padre che disprezzava, ha rinnegato i propri ideali e dimostrato la validità dei suoi metodi, fallendo non solo nella sua azione contro gli eroi, ma nella sua stessa causa principale.
Nell’ultima scena del fumetto, mentre il terzetto contempla la pace che ritorna a Christ’s Crown (che tutti gli abitanti siano ormai morti?) e Flo che riabbraccia Lucy, Wolverine e Punisher riprendono il discorso sul limite. Ghost Rider lo conclude con queste parole:
«Non importa se c’è davvero un confine, o se di tanto in tanto lo superiamo. Finché proteggiamo gli innocenti la nostra causa è giusta.»

Non è la trama più complessa o più sorprendente che sentirete nella vostra vita, ma noterete come a tenere tutto insieme sia questa riflessione sul tema del confine, quello che i tre antieroi sfiorano sempre senza restare mai dall’altra parte. Gli eroi dei fumetti di supereroi, nella maggior parte dei casi, sono dei buoni nel senso più autentico, la cui propensione all’eroismo, inteso come servizio dell’altro in situazioni di pericolo al di fuori dell’ordinario, esprime una natura altruistica e disinteressata. Non serve neanche citare esempi, lo sanno tutti che gli eroi non uccidono i loro nemici, e nemmeno li torturano. Se anche arrivano a odiarli, si sforzano di più per impedire che quel sentimento oscuro abbia la meglio sulla loro parte migliore e li porti a fare del male ingiustamente all’avversario.
Wolverine, Punisher e Ghost Rider non sono così. Sono persone che non hanno reagito con l’accettazione o il perdono ai momenti bui della loro vita, ma hanno scelto di vendicarsi, di prendere dalla vita un risarcimento con la forza. Fanno del male ai loro avversari perché credono che loro se lo meritino, e a volte li uccidono per la stessa ragione.
Di fondo, a muovere le loro azioni c’è la stessa idea degli eroi, la stessa esigenza: il mondo deve possedere una giustizia. Le cose non possono accadere per nulla, e non possono non avere delle conseguenze. Avere dei poteri, per ogni eroe, significa doverli impiegare per qualcosa. Aver subito una crudeltà significa dover reagire, in un modo o in un altro. Gli antieroi divergono nel modo in cui reagiscono.

Di riflesso, c’è anche il confine che Cuorenero ha attraversato irreparabilmente, compiendo un’azione iniqua dietro l’altra.

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