Cipactli, Zipacna e gli altri mostri crocodiliani della mitologia Azteca e Maya

Il mio animale preferito è il coccodrillo. È un discorso che non era mai venuto fuori, negli altri articoli, ma che sarà significativo in quello che state per leggere.
Diciamoci la verità, molti di voi non hanno preso molte volte sul serio questo animale. Vederlo spesso in storie per l’infanzia ha prodotto, nell’immaginario collettivo, una specie di legame tra i loricati, come venivano chiamati una volta nelle tassonomie, e i bambini; il che, generalmente, esclude la possibilità di prendere questi osteodermici rettili sul serio, così come accade con i loro parenti più stretti, i dinosauri e i draghi. È chiaro, ci sono diversi monster-movie con coccodrilloni assassini, e sappiamo bene che, se ce ne trovassimo uno con la bocca spalancata davanti, lo considereremmo con la massima serietà. Ma non insisterò su questo. Per farvi conoscere i coccodrilli sotto una diversa accezione, vi mostrerò come popoli lontani, che avevano spesso a che fare con loro, li avessero inclusi nelle proprie credenze e li trattassero con rispetto, sia attraverso divinizzazioni crudeli e mostruose, che elevandoli ad attributi di dèi necessari legati all’acqua, alla terra e alla fertilità.

Stiamo per avventurarci, per la prima volta, in un mondo di cui non avevo ancora mai parlato nei miei post, che quest’anno ho iniziato a conoscere un po’ più dettagliatamente, e al quale mi sento pronto per “iniziare” anche voi. Si tratta delle mitologie mesoamericane, le tradizioni dei Toltechi, degli Aztechi e dei Maya, colme di divinità affascinanti, miti che ci restituiscono simboli arcaici in forme pure, cosmologie complesse fatte di suggestivi cicli di creazione e distruzione dell’universo, e, naturalmente, mostri micidiali.

Il coccodrillo-caimano (le diverse specie non dovevano essere differenziate) era per le antiche popolazioni americane un simbolo della terra. L’arte del periodo classico e post-classico rivela come le squame di questi rettili, e più in particolare i loro osteodermi dorsali, fossero raffigurati per rappresentare la superficie della crosta terrestre; altre volte, erano le loro fauci spalancante, con i denti a sporgere al posto delle squame, a incarnare lo stesso concetto. Questa simbologia è comune a tutte le culture mesoamericane. Le popolazioni pre-Maya, in aggiunta, credevano che le nuvole di pioggia fuoriuscissero dalle cavità del terreno, e per questo i coccodrilli, le cui bocche dovevano essere assimilate a queste cavità, erano associati ai venti che portavano quelle nuvole. In molte immagini, e nell’iconografia di alcune divinità, le fauci e la pelle di questi rettili si combinano con le spire dei serpenti in simboli rettiliani che raccontano tutto quello che raccontano, altrove, nel mondo, i simboli dei draghi, dei leviatani e dei naga. Ci sono diversi punti di contatto fra la rappresentazione dei rettili nelle culture mesoamericane e in quelle asiatiche, ma non è il tema di questa indagine.

Itzam Cab Ain, un aspetto di Itzamna, il dio del cielo e capo del pantheon dei Maya, con le sue sembianze di caimano.

Itzam Cab Ain è il nome dato al soggetto iconografico Maya del periodo post-classico, che rappresenta il dio Itzamna come un caimano (o forse come se il caimano fosse il suo nahual, un alter ego). Dio supremo del pantheon Maya, i cui attributi si confondono anche per via della sua sovrapposizione ad altri dèi, Itzamna possiede anche un aspetto terrestre, e per questo motivo viene rappresentato con le sembianze di caimano, ricoperto oltretutto di simboli ornamentali, all’interno delle cui fauci sbuca il volto del dio antropomorfo. Il caimano viene poi usato dagli aztechi per rappresentare Tonacatecuhtli, il signore della terra, talvolta con combinazione come quella del Codex Borgia, in cui le fauci ad angolo piatto del coccodrillo si propagano dal cranio altrimenti antropomorfo del dio ctonio. Occorre dunque tenere a mente l’esistenza di una distinzione fra il caimano come animale – dotato di una sua intrinseca simbologia – e la sua raffigurazione come nahual di un dio, nel qual caso all’animale vengono aggiunte delle fattezze antropomorfe Il fatto che spesso su Itzam Cab Ain vengano rappresentati i simboli del calendario, su cui soffermeremo più avanti, suggerisce che sia anche un simbolo di rinnovamento, o, forse, del tempo. Itzam può significare, oltre che ‘caimano’, ‘balena’, e infatti il caimano maya viene rappresentato talvolta con una coda pisciforme.

L’identificazione terrestre del caimano figura in miti dove questo elemento entra in relazione con altre forze divine, producendo così figure che lo incarnano.
Cominciamo dalla tradizione degli Aztechi, che presenta una storia cosmogonica simile a quella dell’Enuma Elish babilonese, dove la creazione del mondo richiede la morte dell’entità caotica del mare, che lì conosciamo come Tiamat, e che abbiamo identificato nei serpenti Lotan e Leviathan, mentre qui assume le fattezze di un altro rettile, e si chiama Cipactli.

Cipactli

Cipactli.

Cipactli è il mostro primordiale azteco, e il suo nome significa “coccodrillo”, o anche “caimano”. La sua rappresentazione nell’arte azteca è riccamente dettagliata, e potrebbe essere trasposta in un blockbuster moderno senza bisogno di ripensamenti o reinterpretazioni: Cipactli era un immane mostro marino a forma di coccodrillo, con caratteristiche ibride delle rane e dei pesci, dato che le sue zampe erano ben sviluppate, più lunghe di quelle di un caimano comune, e la sua coda terminava con delle pinne; ma l’aspetto più iconico di Cipactli è il fatto che possedesse una bocca piena di denti aguzzi in corrispondenza di ogni giuntura del corpo. Nella sua iconografia, punte bianche dalla base rossa emergono lungo tutte le linee del suo corpo, dando un profilo seghettato a ogni estremità.

“Cipactli” di Riccardo Gualdi. Fonte: https://www.artstation.com/artwork/0nz6EG

Cipactli, che secondo alcuni testi è di sesso femminile, oppure ne è priva, rappresenta la terra primordiale che galleggia sull’oceano, e in un certo senso è più un simbolo terrestre, che acquatico, come prova l’osservazione comparata degli altri mostri crocodiliani della mitologia azteca e maya: sono tutti in qualche modo rappresentazioni della terra, e la superficie ruvida del loro dorso diventa immagine della faccia della terra, sovrastata da alture e montagne. I suoi denti, invece, ne esprimono la natura vorace e il ruolo concettuale di divoratrice, sempre affamata e in cerca di prede, un mostro che impedirebbe alla vita di proliferar nel mondo, e che, per questo, deve essere ucciso dagli dèi Quetzalcoatl e Tezcatlipoca, proprio come Tiamat, o anche Ymir, ma la presenza della coppia di dèi ci ricorda anche l’uccisione di Apep a opera di una coppia di Ra e Set. Quetzalcoatl, dio della luce e dell’aria, individuato in Venere e legato all’est, era del resto legato da un sistema di antinomie a Tezcatlipoca, il dio della notte e della magia, che rappresentava l’Orsa Maggiore e il nord.
In quanto “primo essere”, Cipactli dà il nome al primo giorno del calendario sacro azteco, ordinato secondo un sistema complesso che richiederà un’esposizione separata, ma per il momento basti dire che è anche per questo motivo che inizio la serie su di lei oggi, dopo il Capodanno celtico.

Cipactli nel Codex Borgia.

I miti aztechi li conosciamo grazie ad alcuni codici illustrati che sono stati conservati dai conquistadores e scampati alla distruzione delle culture americane, e Cipactli è rappresentata nel cosiddetto Codex Borgia. Il mito racconta anche che, per pescare Cipactli, Tezcatlipoca sacrificò il proprio piede come esca, che venne azzannato dalla famelica divoratrice, permettendo ai due di tirarla fuori dall’acqua e infilzarla con le loro armi fino a ucciderla; questo dettaglio ricorda la vicenda norrena del dio della guerra Tyr, che mette in gioco la sua mano destra, e la perde, per consentire la cattura e l’incatenamento di Fenrir, che significa, vincolare le forze del Caos incontrollato, in modo da permettere la vita degli dèi e degli uomini. Vi è poi un altro mostro draconico, protagonista di un’importante pesca mitologica, quella di Thórr che cattura brevemente Jörmunganðr, mentre naviga sulla barca del gigante Hoenir, come racconta la Hymiskviða nell’Edda poetica.
Con il corpo di Cipactli, gli dèi fecero il mondo in cui viviamo noi, nel quinto ciclo del cosmo azteco. Ma prima di discutere quali parti divennero quali elementi, avremo bisogno di considerare un’altra versione del mito.

Cipactli presenta dunque un ruolo, e una serie di motivi nel mito che la riguarda, che la rendono indubbiamente affine ai grandi serpenti del Caos delle cosmogonie indeuropee, e sembra dunque essere la cosa più vicina al drago primordiale nelle mitologie mesoamericane, con la particolare differenza di non essere né descritta né apparentata ai serpenti: anzi, nella variante che dobbiamo ancora vedere, Quetzalcoatl e Tezcatlipoca la uccidono proprio trasformandosi in serpenti. Il mito di Cipactli potrebbe provare un’antichità del motivo della cosiddetta Chaoskampf precedente persino alle grandi migrazioni, oppure una forte derivazione dall’inconscio collettivo dell’intera umanità. Inoltre, pone alla nostra attenzione un quesito: è solo e sempre il serpente ad alimentare il mito del drago? Perché, pur conoscendo una grande varietà di ofidi, gli antichi Aztechi avrebbero assegnato a un mostro costruito sul caimano lo stesso ruolo dei draghi nelle altre mitologie del mondo? Forse, più che le qualità intrinseche dei serpenti, è la natura stessa dei rettili ad aver prodotto, nei nostri antenati, la suggestione draconica.

Il tonalpohualli, calendario sacro

Abbiamo incontrato Cipactli, il mostro caotico dalle sembianze di coccodrillo che impedisce la creazione fino al momento in cui gli dèi lo uccidono e creano il mondo con il suo corpo.
Ma Cipactli, che è il nome in nahuatl, la lingua degli Aztechi, del coccodrillo e del caimano in generale, non concluse la sua esistenza allora. Vi è un mito secondo il quale i suo resti, con cui era stata fabbricata la terra, rimasero vivi e richiesero un tributo costante in cambio della sua uccisione, ma per parlare di questo bisognerà prima introdurre un’altra divinità, che potrebbe o meno coincidere con lei. E poi vi è la pratica del calendario sacro, il Tonalpohualli, di cui parleremo oggi.
Gli Aztechi dividevano il tempo in vari e complessi cicli, e il sistema con cui calcolavano e denominavano i giorni era il Tonalpohualli, “conta dei giorni”, un periodo di 260 giorni divisi in 20 trecene (“tredicina”, in spagnolo), ciascuna costituita da tredici giorni. Non vi era una base solare o lunare in questo computo del tempo, e la sua origine è ignota; tra le tante ipotesi, si è parlato del ciclo venusiano, della durata della gestazione umana, o della forte sacralità dei numeri coinvolti.
Ognuna delle 20 trecene era simboleggiata da un segno, principalmente animali ed elementi naturali, che rappresentava una divinità, e, all’interno della trecena, anche i singoli giorni erano associati a uno dei venti segni, che ripartivano dall’inizio indipendentemente dalle trecene, sicché, ad esempio, la seconda cominciava con il quattordicesimo simbolo, e la terza con il settimo.

Cipactli apre il Tonalpohualli: è il segno della prima trecena, e del primo giorno, il cui simbolo è una testa di coccodrillo, ricoperta di denti anche all’esterno.
Il dio a cui corrispondeva il segno di Cipactli era Tōnacātēcuhtli, identificabile, secondo alcuni, come divinità suprema del pantheon azteco, benché, paradossalmente, se ne conosca poco.
Non finisce qui: anche le ore sono rappresentate dai segni, e Cipactli è anche il nome della prima ora della notte, su cui regna Xiuhtecuhtli, il turchese dio del fuoco.
Si riteneva che i nati sotto il segno di Cipactli sarebbero stati abili coltivatori, perché il coccodrillo, nelle culture mesoamericane, era considerato un simbolo di fertilità, legato all’acqua, alle nuvole, e alla fioritura, in coincidenza anche con l’immagine della fioritura delle piante dal corpo di Cipactli.
Per via di questa preminenza nelle date sacre, il nome di Cipactli accompagnava quello di alcuni eroi fondatori, e sembra che il coccodrillo, per gli Aztechi, fosse un importante simbolo dinastico.

TLALTECUHTLI

In alcune versioni del mito cosmogonico azteco, il mostro primordiale presenta un nome diverso, Tlaltecuhtli: si tratta di una divinità molto più frequentemente attestata, identificata con gli stessi attributi di Cipactli più altri aggiuntivi, e che potrebbe essere la stessa entità.
Tlaltecuhtli si può tradurre come “signora della terra”, dato che nell’iconografia è caratterizzata da attributi femminili, ma il suffisso del suo nome è tipicamente maschile, il che apre la possibilità che fosse agenere.

A differenza di Cipactli, che si incontra unicamente nei codici e nell’arte pittorica, Tlaltecuhtli è presente in diverse sculture, dove il suo aspetto risulta alquanto complesso. In alcuni testi è descritta come una gigantesca rana -donde la presenza di parti di questo animale anche nelle descrizioni di Cipactli-, con lunghi artigli, bocca famelica e pelle di coccodrillo, mentre in un monolite ritrovato a Città del Messico possiede fattezze antropomorfi che ricordano suggestivamente la Gorgone greca, e mentre sulla testa i suoi capelli ricci rappresentano l’erba, sul suo corpo si osservano teschi dai denti ben in evidenza sopra tutte le articolazioni, le famose bocche viste anche nella descrizione di Cipactli, che rappresentano la sua natura famelica.

Monolite di Tlaltecuhtli, Città del Messico, 1502 d.C.

Stando a quanto si legge nel Bodley Codex, Tlaltecuhtli dimorava nell’oceano nato dopo il Diluvio che pose fine al mondo che precedeva il nostro, e poiché gli dèi Quetzalcoatl e Tezcatlipoca, gli operatori della creazione, ritennero che questa creatura non avrebbe reso possibile la popolazione della terra, si trasformarono in serpenti, la avvolsero nelle loro spire e tirarono in direzioni opposte fino a ucciderla. Con la parte superiore del suo corpo, gli dèi fecero il cielo, mentre con quella inferiore la terra. Tutte le parti del suo corpo, come nel racconto norreno della morte di Ymir, o in quello babilonese di Tiamat, divennero gli elementi del mondo: dal suo dorso crebbe l’erba, i suoi capelli divennero gli alberi, il suo naso le montagne e le valli, le sue spalle le catene montuose più grandi, la sua bocca le caverne e i fiumi, e i suoi occhi le fonti e le sorgenti. In queste ultime, si credeva che la sua volontà fosse rimasta. O perché gli altri dèi, ritenendo ingiusta l’uccisione di Tlaltecuhtli, stabilirono che le fosse dovuto un tributo, o perché quelle parti avevano mantenuto da sole la vita, anche da separate, ed esigevano il sangue degli umani, a Tlaltecuhtli erano dedicati dei sacrifici. Gli Aztechi credevano che i fenomeni misteriosi provenienti dalla terra fossero provocati da lei, e che i rumori più agghiaccianti che si udivano nelle gole e negli antri profondi fossero le sue grida agonizzanti e le sue richieste di sangue, poiché ella aveva sempre fame.
Infine, era Tlaltecuhtli, secondo le credenze azteche, la responsabile delle eclissi e dell’alternarsi del giorno e della notte, quando ingoiava il sole. Prima delle campagne militari, nelle preghiere a Tezcatlipoca, che era anche dio della guerra, i sacerdoti

Una variante interessante dice che Tezcatlipoca usò il proprio piede per attirare il mostro marino, come abbiamo già visto, e che quando la bestia lo azzannò, nella colluttazione che ne seguì, Tezcatlipoca perse il piede, e Tlaltecuthli la mandibola, insieme alla possibilità di immergersi sott’acqua e, di conseguenza, l’obbligo a rimanere sempre sopra la superficie, trasformandosi dunque già nella massa delle terre emerse.
Nelle raffigurazioni di Cipactli che affollano i manoscritti aztechi, il mostro crocodiliano è spesso raffigurato senza mandibola, anche se altrove, in immagini che raffigurano la sola testa con le fauci spalancate a 180 gradi, Cipactli e Tlaltecuthli (che si distingue per le sue fattezze da rana) hanno entrambe le mascelle.

Dato che il nome Cipactli indica il coccodrillo presente in natura, e il segno astrologico che ne deriva, è possibile che Tlaltecuhtli fosse il nome proprio del mostro mitologico, e Cipactli un epiteto che lo definiva.

zipacna

“Zipacna” di Gus-L, da deviantArt: https://www.deviantart.com/gus-l/art/Zipacna-739915238

Nella mitologia dei Maya una creatura simile a Cipactli è Zipacna, un gigante dalle sembianze di caimano e dall’atteggiamento prepotente e vanaglorioso, al punto che la sua affermazione di aver creato le montagne, che potrebbe riflettere il legame con il mito azteco, non sembra essere presa sul serio, nella storia in cui compare. Protagonisti di questa narrazione, trasmessa oralmente dal popolo Vuh, sono i Quattrocento Ragazzi, un gruppo di divinità minori sconosciute che probabilmente erano legate all’alcol e all’ebbrezza: Zipacna incontrò questi giovani sulla spiaggia, mentre cercavano di costruire una zattera e, dopo aver abbattuto un enorme albero, non riuscivano a sollevarlo. Il gigante diede prova della sua forza svolgendo con facilità il compito, per gentilezza, secondo alcuni, per arroganza, secondo altri. I Quattrocento, da parte loro, decisero di uccidere Zipacna, forse ritenendo ingiusto che qualcuno fosse così forte: chiesero al gigante di scavare il buco in cui infilare l’albero maestro, sperando di ucciderlo facendo cadere il pesante tronco su di lui, ma Zipacna, immaginando le loro intenzioni, scavò una galleria laterale grazie alla quale sottrarsi, simulando urla di orrore per convincerli della sua morte. Quando i Quattrocento Ragazzi, il giorno dopo, certi di averlo ucciso, celebrarono il completamento della loro imbarcazione, Zipacna riemerse dalla terra e li uccise tutti. Le loro anime divennero le Pleiadi.


Zipactli era figlio di Vucub-Caquix, un demone uccello, e di Chimalmat, una gigantessa, e aveva un fratello di nome Cabrakan, un demone considerato responsabile dei terremoti, legato dunque, a sua volta, alla terra. Se si può cogliere una parziale demonizzazione del rettile in questa storia, vediamo anche come la simbologia terrestre e la forza del coccodrillo si siano mantenute anche in questa tradizione.

bibliografia

Brundage, Burr Cartwright, The Fifth Sun. Aztec Gods, Aztec World, Austin: University of Texas Press, 1979.

Christenson, Popol Vuh. Sacred Book of the Quiché Maya People, Norman: University of Oklahoma Press, 2003.

Furst, Jill L., Codex Vindobonensis.

Taube, Karl Andreas, “Cipactli”, in Davíd Carrasco, ed., The Oxford Encyclopedia of Mesoamerican Cultures: Oxford University Press, 2001.

Taube, Karl Andreas, “Itzam Cab Ain: Caimans, Cosmology, andCalendrics in Postclassic Yucatán”, in Studies in Ancient Mesoamerican Art and Architecture: Selected Works by Karl Andreas Taube, San Francisco: Precolumbia Mesoweb Press, pp. 108–117, 1989 [2018].

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