L’Anima di Lucifero

Lo scorso inverno, ho annunciato l’inizio di una nuova fase per questo progetto, un capitolo intitolato “L’Anima del Demone”. Il senso è portare a un livello più complesso i nostri argomenti e le loro implicazioni. Certo, è chiaro che sotto molti aspetti la sostanza rimane la stessa, e molti articoli usciti in questi mesi proseguivano temi iniziati con L’Anima del Mostro. Il discorso di oggi, che parte da una materiale già pubblicato a puntate sulle mie pagine, concerne un argomento chiave, che non avrei intrapreso se, nel corso degli anni, io autore e almeno un paio di lettori abituali non fossimo divenuti più avvezzi alle complessità del linguaggio che ci viene richiesto per discuterlo.

La caduta di Satana, illustrazione per “Il paradiso perduto”, Gustave Doré, 1866.

Se L’Anima del Mostro avesse una drammatizzazione, Lucifero sarebbe uno dei suoi protagonisti. È un archetipo di divinità, di legame tra fondamentali concetti cosmici opposti, di identità tra forme e ruoli molto diversi, che tiene insieme dèi e mostri. Parlare di lui è problematico: la limitativa e almeno in parte posticcia associazione a Satana, attraverso la quale lo conosciamo principalmente, lo ha caricato di connotazioni e motivi dai quali è spesso difficile separarlo; e del resto, attraverso di essi, si perviene a una figura mitologica interessante, di grande successo nel pensiero dell’Uomo, e tuttora estremante fertile. Parlo naturalmente del motivo dell’angelo caduto, simbolo di orgoglio come di ribellione, di tradimento e di eroismo, il cui fascino presso l’umanità dell’era moderna si conferma dalla letteratura romantica alle narrazioni serializzate dell’ultimo decennio.
Ma non parleremo di questo, o almeno, non strettamente. Come dicevo, l’associazione è posticcia, e prima di diventare il dead name di Satana, Lucifero era qualcosa di diverso, sfuggente, forse, eppure manifesto in praticamente tutto il mondo.

Quando noi fummo fatti tanto avante,
ch’al mio maestro piacque di mostrarmi
la creatura ch’ebbe il bel sembiante,
d’innanzi mi si tolse e fé restarmi,
“Ecco Dite”, dicendo, “ed ecco il loco
ove convien che di fortezza t’armi”.

(Inferno XXXIV, 16-21)

Aureola oscura

Per venire subito al punto, individuerei la differenza tra Satana e Lucifero definendo il primo come derivato di una specifica figura della religione zoroastriana, e il secondo, come una figura universale di eminente valore astronomico. Com’è noto, il nome Lucifer è latino ed è composto da lux e dal verbo fero, sul calco del greco Phosphóros ( Φωσφόρος) che significa “portatore di luce”. La tradizione cristiana ha interpretato questo legame con la luce come segno della bellezza e del valore dell’angelo ribelle, nutrendo di questo la misura del suo peccato di superbia. E sarà chiaro anche a voi che, con questo nome, è piuttosto improbabile che il personaggio che lo porta fosse stato pensato sin dall’inizio come il signore del male. Le discipline comparatistiche cui mi rifaccio mi insegnano a leggere e integrare Lucifero al fitto sistema dei miti del mondo, ed è proprio nel momento in cui considero che questa luce, a un certo punto, si sia inabissata, che l’operazione del cristianesimo inizia a sembrarmi sensata. Caduta dal cielo per abitare le regioni inferiori; e in questo caso, per il principio ciclico che regola il cosmo, potrà forse avere qualche speranza di ritornare.

Il nome Phosphóros nasce per designare la stella del mattino, l’astro che precede la comparsa del sole, il pianeta Venere. Accanto a lui, la tradizione degli antichi distingueva Espero( Ἓσπερος), la stella della sera. Fu Pitagora (VI secolo a.C.) a scoprire che sia Lucifero che Espero erano lo stesso corpo celeste, sempre Venere, anche se, nella cultura letteraria e religiosa, i due rimasero distinti. Si può osservare la traccia di una caduta già in questo, un tradimento: la stella che scortava il sole all’inizio del giorno era la stessa che segnava l’inizio delle tenebre. Ma la consapevolezza che il re del cosmo avesse un lato oscuro emana molto più chiaramente dalle storie che stiamo per vedere.

Il mio scopo è rintracciare, accanto a quello di astro che si inabissa, gli altri percorsi che in qualche modo si intrecciano al suo: benefattore dell’umanità, primo eroe, padre dei mostri.
Le storie in cui si rintracciano ipostasi del suo mito, o associabili ad esso, presentano situazioni in cui egli svolge solo alcune di queste funzioni, ma i continui rimandi da una all’altra creano una rete, un sigillo arcano che ruota intorno a lui.
Accanto alla ricostruzione storica, c’è un fine artistico in questo: se il Lucifero vagheggiato nelle mie pagine dovesse essere diverso da quello vero, ma cionondimeno ricco di potere immaginifico, ispirazione e bellezza, non sarebbe insensato raccontare anche la sua storia.

“Lucifer”, Ayami Kojima.

La rappresentazione di Ayami Kojima, la celebre character designer della serie videoludica Castlevania, rispecchia la mia visione della Stella del Mattino.
Se osservate, coglierete alcuni dei suoi attributi principali. Il fuoco, prima di tutto: l’illuminazione, il dono che conduce giù dal cielo alla portata dell’uomo, la luce di cui è portatore.
Il serpente, che sarete portati a ricondurre al racconto dell’Eden contenuto nel Genesi, e che però va ben oltre, poiché il serpente accompagna molte delle figure che gli accostiamo, a cominciare da Phanes.
Dei gigli invero non colgo il rapporto; sono un simbolo di purezza, e sono legati anche all’ambito funebre.

Primo dio, primo re, primo eroe

“Phanes”, Francesco de’ Rossi, XVI secolo.

Vi enumererò adesso una parte delle figure luciferiche che troviamo nelle mitologie del mondo.
Lucifero è stato il Protogonos nei misteri orfici, Phanes, cioè Luce, che troviamo quando Esiodo, nella Teogonia, dice che il primo nato dell’universo è stato Eros. Possedeva le sembianze di uno splendido androgino alato, con quattro occhi, teste di toro e leone sul suo corpo, e un grande serpente tutt’intorno. Ha governato l’universo per primo, finché, stanco, l’ha affidato a Zeus.
In Enki/Ea, dio mesopotamico dell’acqua, la veste di creatore e in seguito salvatore dell’umanità, scopritore delle tecniche e delle arti; come Prometeo, che all’umanità da lui stesso creata ha trasmesso il fuoco ed è stato imprigionato.

Stella del Mattino, come Venere, Ishtar e Quetzalcoatl, che come lui è luminoso e celeste, e ha il serpente come attributo; o forse come Sirio, che nel mese di agosto si crede portare grande arsura sulla Terra. I Celti, celebrando Lughnasadh in questo mese, credono che il luminoso Lugh, associato a Sirio, scenda nelle regioni oscure proprio in questo periodo, per poi ritornare in inverno. Ed è forse a Sirio che dobbiamo guardare per comprendere il significato di Aurvandil/Earendel, stella del mattino nelle lingue germaniche, presentato come il primo degli eroi, padre di Amloði, Amleto, tra gli eroi in cui vediamo il leggendario Re dell’Età dell’Oro.

Nel racconto ebraico è un serpente, non associato a nessun’altra entità, a donare la conoscenza. Che d’altronde, nei miti, è quasi sempre custodita dai draghi, i più grandi tra i serpenti. Nello Gnosticismo quel serpente, in cui il Cristianesimo fa incarnare il Diavolo, è il dio positivo ed eroico che intende liberare l’Uomo dalla tirannia del Demiurgo.
La mitologia zoroastriana ci fornisce un’altra pista: Angra Mainyu, “angelo caduto” da cui deriva il male e “origine” della figura ebraico-cristiana di Satana, talvolta simboleggiato da un drago, è padre di Zahhak, un demone con due serpenti ai lati del corpo, responsabile, proprio come il serpente dell’Eden, della fine dell’Età dell’Oro.
Anche il Drago, perdendo la Stella Polare, che attraverso la Processione degli Equinozi si è spostata nella costellazione dell’Orsa, ha vissuto il dramma cosmico della caduta; infatti è simbolo di tutta una serie di sovrani destinati a cadere e a ritornare.

Lucifero, insomma, sembra proprio corrispondere al re dell’Età dell’Oro. Lo mostra il suo legame con Quetzalcoatl, che lo è, e ancor più, quello con Saturno, relegato in una terra “nascosta” dopo la fine del suo ciclo. Ognuno di loro è caduto.
Un grave misfatto ha comportato quella caduta e la fine di quell’età, ed egli è precipitato, in esilio, sospeso tra la vita e la morte, in attesa che il ciclo di tutto portasse nuovamente alla sua età. Proprio come Re Artù. Il drago significa Saturno (uroboro), come significa Quetzalcoatl (serpente piumato), come significa Artù (drago d’oro), come significa anche Lucifero. Anche Phanes è avvolto da un serpente, il serpente orfico che cinge l’uovo da cui Phanes è nato. E per questa ragione è proprio l’oro il colore che più di tutti associamo a Lucifero, il drago il suo attributo, le profondità della terra o del mare la sua dimora in attesa che il ciclo si compia.
Acquerello di William Blake, “Satan in his former glory”.

Satan in his Original Glory: ‘Thou wast Perfect till Iniquity was Found in Thee’ c.1805 William Blake 1757-1827 Presented by the executors of W. Graham Robertson through the Art Fund 1949 http://www.tate.org.uk/art/work/N05892

Padre dei mostri

Eccoci giunti a questo terzo, e per adesso conclusivo, capitolo della mia breve presentazione della storia di Lucifero, della sua interpretazione e di come dobbiamo immaginarlo quando lo nomino.
Nei precedenti mi sono soffermato su figure assimilabili alla sua in quanto portatori di luce, stelle del mattino, esseri celesti che si sono inabissati e in quanto tali a loro volta ricollegabili al Re dell’Età dell’Oro, e in questo senso primi sovrani del mondo o dell’universo; eventualmente, nel caso di Aurvandil, anche “primi eroi”.

L’ultima faccia riguarda una congettura più personale, qualcosa su cui rifletto da un po’ di tempo e che si basa su legami meno certi e più indiretti. Ma per la storia dei mostri è fondamentale.
L’idea è che, in alcuni casi, il motivo del lucifero si intersechi con quello del “Padre dei Mostri”.
Di certo il nostro è un dio con molti legami con il mostruoso; già con Phanes, dotato di quattro occhi e teste di animale, abbiamo un simbolo divino parzialmente teriomorfo, e ho già illustrato il legame di queste figure con il simbolo del drago.

“Typhon”, Emily C. Martin, 2014. http://megamoth.net/main/

Il più celebre padre di mostri, che in effetti è pure un drago, è Tifone, il titanico mostro greco, figlio della Terra e del Tartaro, che svolge il ruolo di oppositore ofidiforme del dio del cielo e della luce, Zeus, secondo il motivo della battaglia contro il Caos incarnato in un serpente, rintracciabile pressoché ovunque a partire da Tiamat e Marduk nella cosmogonia babilonese. Tifone, con la donna-serpente Echidna, genera i mostri più famosi della mitologia greca.
L’altra maggiore “generazione” di mostri della mitologia la troviamo proprio presso Tiamat, la personificazione del Caos primordiale e dell’oceano spesso immaginata in forma di drago, madre, oltre che della prima generazione di dèi, avuta insieme all’altro dio delle acque primordiali Apsu, anche delle principali stirpi di mostro.

Tifone è stato più volte, specialmente nell’ambito dell’occulto, messo in relazione a Satana/Lucifero, nemico di Dio in forma di Drago; essere dotato di grandi ali e dell’elemento del fuoco, è stato precipitato sotto la terra da Zeus, e la sconquassa ancora provocando terremoti, proprio in Italia, nella valle dell’Etna. Anche Tiamat è stata, sincreticamente e molto erroneamente, ricondotta alle forze del male.
Chi è il padre dei mostri generati da lei? Ebbene, i mostri li genera da sola. Ma, e questa è solo una congettura mia, mi interrogo sulla figura di Kingu, un demone, figlio della stessa Tiamat e da lei adottato come sposo dopo la morte di Apsu: posto a capo dell’esercito dei mostri, viene ucciso da Marduk, e con il suo sangue e l’argilla Enki crea l’umanità. C’è qualcosa che non mi torna in questo demone, sposo della madre dei mostri proprio mentre lei riveste tale ruolo (poco dopo, in realtà) e dal quale deriva l’umanità. Probabilmente, comunque, è un vicolo cieco.

Tutto qui? Chiaramente no. Oltre all’interesse di Angra Mainyu padre di Zahhak, citato ieri, è soprattutto uno il padre di mostri assimilabile a Lucifero.
È un caso peculiare, in cui siamo più sicuri del padre che della madre, visto che a partorire quei figli è stato lui. Sto parlando di Loki, il dio trickster norreno, e quando si parla di lui le cose si fanno sempre un po’ più singolari.
Loki è padre di Jörmunganðr, il serpente cosmico, Fenrir, il grande lupo e Hel, dea degli inferi, progenie dalla gigantessa Angrboða e contenute nel cuore di lei, unica parte conservatasi al termine di un incendio, che lui, un giorno, trovò tra le ceneri e mangiò.

Loki non l’ho inserito nel post precedente, ma sicuramente presenta alcune delle analogie più interessanti.
La sua natura è stata paragonata a quella del fuoco, egli è un dio luminoso, ma anche oscuro, che a un certo punto è stato imprigionato sotto la terra, come Tifone, e condannato a essere torturato da un animale (un serpente) per aver agito contro gli dèi, come Prometeo. Il suo crimine, aver provocato la morte di Baldr…dio luminoso che, a causa sua, è finito nel mondo infero. Il che in un certo senso segna la fine dell’Età dell’Oro. Beninteso, Baldr ha i suoi legami con molti altri motivi.
L’etimologia del nome di Loki è incerta, e dubbie sono le ipotesi che lo ricollegano a parole col significato di luce e splendore; ma è molto interessante che Loki, come Enki e Prometeo, abbia avuto un ruolo nella nascita dell’umanità: è molto probabile che Lóðurr, uno dei tre dei della creazione dell’umanità, colui che ha infuso negli uomini il calore, fosse proprio Loki.

Così, nelle persone di Loki e Tifone, Lucifero, o parte di lui, esiste nella mitologia greca e in quella norrena anche come padre dei mostri principali. Questo studio è ancora un abbozzo, ed è la prima volta che lo metto per iscritto. La pagina continua a esistere soprattutto come diario pubblico dei miei progressi, del resto.
Spero di trovare altri elementi a sostegno di questa ipotesi, perché fa risplendere di oro il quadro del mondo mostruoso.
E il lato più interessante è che, come da una parte ha generato i mostri, dall’altra questo dio o complesso di dèi ha avuto un ruolo fondamentale anche per la storia degli uomini. Un’altra prova del fatto che i due mondi si corrispondono.

Immagine da Artstation. “Belief”, di Daena Key.
https://www.artstation.com/artwork/rw3a5
Corna e fuoco dorato fanno parte anche della mia visione.

Bibliografia

Giorgio de Santillana, Hertha von Dechend, Il mulino di Amleto. Saggio sul mito e sulla struttura del tempo, edizione italiana a cura di Alessandro Passi, Adelphi, Milano, 1983.

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